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Patrono

S. Agapito Martire



Agapito nacque a Praeneste intorno alla seconda metà del III secolo d.C. da una famiglia prenestina di alto rango. In giovane età venne avviato agli studi di diritto romano, per questo dovette trasferirsi a Roma. Qui, insieme alle leggi, apprese anche i primi fondamenti della vita di Cristo, attraverso gli insegnamenti del suo precettore, un maestro di nome Porfirio.
Agapito si convertì subito alla nascente religione cristiana, da adepto cadde vittima delle persecuzioni che in quel tempo cercavano di minare le prime comunità cristiane. Arrestato, fu condotto davanti all’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) che lo esortò a rinunciare alla fede, chiedendogli di celebrare un sacrificio al cospetto degli dei, come prova del suo rinnegamento.
Aureliano aveva infatti deciso di porre un freno alla crisi sociale ed economica in atto nell’Impero ridando nuova linfa al culto degli dei del pantheon romano. Per questo motivo aveva fortemente sostenuto la diffusione del culto del Dio Sole Invitto, Sol Invictus, erigendolo a culto ufficiale dello Stato, nel tentativo di rianimare una religiosità pagana che andava sempre più spegnendosi sotto i colpi dei nuovi culti, spesso provenienti dall’Oriente, che tendevano a soddisfare una forma di spiritualità più personale, più intima che
collettiva. Per ottenere questo egli sostenne fortemente la politica di soppressione del nuovo culto cristiano, ostacolandone la diffusione, particolarmente tra i più giovani. Questo tentativo promosso da Aureliano non va inteso come una forma di vera e propria persecuzione contro i cristiani visto che gli storici dell’epoca non ne fanno specifica menzione, ma dovette rientrare nelle quotidiane attività di polizia urbana che venivano effettuate dall’autorità romana contro i seguaci delle altre religioni.
Agapito, però, oppose il suo fermo rifiuto alla richiesta fattagli da Aureliano e allora quest’ultimo ordinò di punirlo. Il Prefetto di Roma, Flavio Antioco (o Antiochiano), venne quindi incaricato di seguire direttamente i supplizi e di eseguire la sentenza di morte nel caso in cui il giovane non avesse ritrattato. Le pene inflitte ad Agapito si fecero via via sempre più crudeli. Venne lasciato senza cibo e acqua per giorni interi cercando di farlo sconfessare con lusinghe e minacce. Risultate vane queste ultime, vista la sua irremovibilità, si decise di rovesciargli addosso un vaso pieno di braci ardenti. L’azione, però, non diede l’effetto desiderato: Agapito, invece di contorcersi ed urlare per il dolore, alzò con limpida voce un ringraziamento a Dio, che in tal modo metteva alla prova la sua fede.
Irritato oltremodo il Prefetto ordinò che fosse nuovamente percosso e quando i suoi aguzzini smisero, accusando loro la stanchezza, fu ordinato di legarlo ad un albero a testa in giù e di esporlo alle fiamme di un focolare. Anche questo supplizio non sortì gli effetti desiderati. Passati infatti cinque giorni, trascorsi i quali si credeva che oramai il giovane fosse morto per i patimenti subiti, il Prefetto si trovò davanti uno spettacolo che andava oltre ogni sua previsione: il giovane era slegato ed in buona salute, le ferite del corpo sanate, il corpo coperto da una candida veste. A quanto pare il suo Dio non l’aveva abbandonato ed aveva inviato a lui un angelo affinché lo sciogliesse dai suoi affanni.
Le condanne inflitte al corpo del giovane prenestino, compresa quella di rovesciargli addosso acqua bollente, non solo non diedero il risultato sperato, ma anzi, convinsero chi era vicino a lui della veridicità delle sue parole: il suo carceriere, un tale di nome Anastasio, dopo aver assistito a tali atti di fede si convertì.
L’Imperatore decise quindi di far tornare Agapito nella sua città d’origine, la quale ancora vantava uno dei più grandi santuari del paganesimo, il santuario della Dea Fortuna Primigenia, forse sperando, che tale visione, avrebbe potuto riportarlo alla ragione. Ma, rifiutandosi ancora di adorare le divinità del pantheon romano, venne decretato che in occasione di pubblici giochi, che a Praeneste si svolgevano alla metà del mese di Agosto, il giovane fosse condotto nell’anfiteatro della città e dato in pasto ai leoni. Ancora una volta il divino aiuto accorse affinché non fosse fatto scempio del corpo del giovane e tutti poterono vedere le feroci belve che invece di sbranarlo si limitarono a lambirne i piedi.
Questo fu veramente troppo per i funzionari imperiali che ne decretarono una morte, se non esemplare, quanto mai definitiva. Agapito fu portato in un luogo che le fonti individuano in questo modo: ubi sunt duae viae o ubi sunt duae columnae; qui, il giovane, il 18 Agosto fu alla fine decapitato. Durante la notte il suo corpo, su iniziativa di alcuni seguaci di Cristo, venne trasportato in un campo per ricevere sepoltura all’interno di un sarcofago, intorno al quale, a partire da quel momento, la prima comunità cristiana di
Praeneste riconoscerà ed esprimerà la propria spiritualità.

La storia della vita del Santo Agapito prenestino venne elaborata e redatta in forma di narrazione per la prima volta intorno all’anno Mille, o forse già qualche decennio prima (IX secolo d.C.), probabilmente all’interno di uno dei monasteri dell’Europa centrale, dove, a partire da un nucleo di informazioni storiche piuttosto scarne e a volte pressoché dimenticate, si tentò di diffondere attraverso un racconto per larga parte di fantasia l’esperienza di fede di numerosi santi martiri vissuti nella tarda antichità. Sono state tramandate tre versioni del racconto (passio) della vita del Santo: la passio cd. Mombriziana (IX secolo d.C.) e i due racconti contenuti nell’edizione seicentesca degli Acta Sanctorum.

La statua del S. Agapito di sopra raffigurata (di Gian Andrea Biffi - 1607) è posizionata sul lato sud del Duomo di Milano nella zona del capocroce. La scultura fu sostituita per motivi di conservazione con una copia e l'originale collocato in Museo. Oggi si trova nelle sale Borromaiche del Museo a rappresentare quella scultura che caratterizza la seconda metà del Cinquecento e primi anni del Seicento.

Da secoli il Martire è venerato nel Paese in provicia di Isernia che da esso trae il nome. Probabilmente il culto è nato all’epoca della dominazione Longobarda e Normanna nella ormai distrutta Abazia di Sant’Agapito in Valle, sita tra Isernia e l’attuale Sant’Agapito Scalo. Di quel tempo o poco posteriore è il busto ligneo del XVI secolo venerato nella Chiesa Parrocchiale. Le reliquie del Santo furono donate dall’imperatore Arnolfo di Carinzia all’Abazia Benedettina di Kremsmunsten in Austria e li sono ancora conservate. Nel settembre del 2011 furono portate tra un trionfo di popolo a Sant’Agapito, per una breve ma intensissima visita. Il 30 gennaio del 2014 l’Abate e la comunità di Kremsmunsten, su richiesta del Parroco, Canonico don Luigi Russo, hanno donato alla Parrocchia una insigne Reliquia del Santo(l’osso metacarpale) e il 28 marzo una delegazione dell’Abazia guidata dall’Abate Ambros Ebhart e del Municipio, gidata dal Borgomastro, l’hanno solennemente portata in Paese. La reliquia collocata in un Artistico Reliquiario antropomorfo (opera del Maestro Domenico Sepe) a forma di braccio benedicente e da allora venerata nella Chiesa parrocchiale.

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