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Storia

Il più antico documento in cui si rinviene il toponimo "Genzano" è una bolla di papa Lucio III datata 2 aprile 1183.
L'origine del nome "Genzano" è tuttora fonte di discussione. Per alcuni il poggio su cui sorge il paese, posto sul bordo esterno del Lago di Nemi, proseguimento del "Nemus Aricinum", era dedicato alla dea Cinzia ("Cynthia Fanum"), il cui culto era unito a quello di Diana nemorense. Per Nicola Ratti, invece, l'etimologia deriverebbe da fundus Gentiani, cioè dal terreno di proprietà della famiglia romana Gentia.




Nelle età precedenti il territorio dell'odierna Genzano ricadeva sotto la giurisdizione di Lanuvium e Aricia, ma verosimilmente non è stato mai sede di alcun centro abitato, sia pur piccolo. Ciononostante, nel territorio genzanese sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici latini e romani. È stato ipotizzata anche la presenza, attorno al X secolo, di un piccolo insediamento saraceno al quale sarebbe legata l'introduzione della coltura della canapa.

Nel 1153 il territorio, dove già nel XII secolo era stata eretta una torre da parte dei Gandolfi (torre abbattuta nel 1188), venne dato in possesso, dal Papa Anastasio IV, ai cistercensi dell'Abbazia di Sant’Anastasio alle Acque Salvie.
Nel 1255, i cistercensi vi edificarono un grande Castello fortificato attorno al quale crebbe poi lentamente il paese (Genzano Vecchio).






Genzano fu retto dai Cistercensi senza soluzioni di continuo fino al 1378, allorché venne donato dall'Antipapa Clemente VII a Giordano Orsini quale compenso per servigi ricevuti.
Nei successivi due secoli, Genzano conobbe l'alterno dominio dei monaci cistercensi, degli Orsini, dei Savelli e dei Colonna.
Nel 1402 in borgo venne completamente distrutto da un incendio e la sua ricostruzione costrinse i Cistercensi ad alienare numerose proprietà.
Infine, i Cistercensi nel 1428 vendettero Genzano e Nemi ai Colonna per la cifra di 15.000 fiorini.



Nel 1479 fu acquistato dal Card. Guillaume d'Estouteville, protonotaro di Sisto IV per 13.300 ducati, con patto di retrovendita, e alla morte di costui, dai due figli illegittimi Girolamo e Agostino.
Nel 1485 passerà nuovamente ai Colonnesi, ma sotto la giurisdizione della Santa Sede.
I Colonna reggeranno Genzano per circa 80 anni. Sotto i Colonna Genzano ebbe l'esenzione delle tasse, il che portò a un primo lieve incremento demografico.

Nel 1563 il castello fu ceduto, per 150.000 scudi, da Marcantonio Colonna, il futuro vincitore di Lepanto (1571), a Fabrizio Massimi e da questi, il 2 ottobre del 1564 a Giuliano Cesarini, marchese di Civitanova Marche.
Iniziò in questa data il periodo Cesariniano, un periodo di sviluppo economico, demografico e urbanistico per Genzano.
Il 10 agosto 1565
Giuliano Cesarini emanò lo "Statuto".
Nel 1643 Giuliano III Cesarini tracciò le olmate, degli stradoni ombreggiati da quattro filari di olmi, e ristrutturò il palazzo baronale.
Lo stesso duca, nel 1636, aveva iniziato la ricostruzione della chiesa di Santa Maria della Cima, con dipinti di Francesco Cozza.
Nel 1696 la figliuola di Giuliano III, Livia, ultima erede dei Cesarini, vi farà porre i corpi delle martiri Sante Tigri e Vincenza, protettrici di Genzano con S. Tommaso di Villanova.

Giuliano III, nel testamento del 1667 lasciava al figlio Giovanni Giorgio, oltre a Genzano, anche i possedimenti di Ardea, Rocca Sinibalda e Civita Lavinia. Tuttavia quattro anni dopo, alla morte del duca (1671), non vi erano più eredi diretti: erano già deceduti anche i due figli maschi, le due figlie maggiori erano in convento e l'unica figlia libera era ancora bambina. Genzano venne retto dal fratello di Giuliano III, l'ecclesiastico Filippo Cesarini, il quale intendeva far sposare la figlia terzogenita di Giuliano III, Clelia, con Filippo Colonna principe di Sonnino. La secondogenita di Giuliano III, Livia, suora oblata, lasciò convento e sposò Federico II Sforza dando origine alla famiglia Sforza Cesarini.
Donna Livia contribuì in maniera decisiva al piano urbanistico della cittadina, portando a termine nel 1708 la costruzione di Genzano Nuova, impiantata su un sistema di triangolazioni, secondo il piano del 1643 dal padre Giuliano III.
Tra la prima metà del XVII e l'inizio del XVIII secolo venne innestato un secondo tridente, più interno del primo (quello delle Olmate), costituito dalla via Livia (1680 circa), la strada dove si svolge nella ricorrenza del Corpus Domini la tradizionale Infiorata, dalla via Sforza (1708), e dalla via che conduce al convento dei Cappuccini. Questo particolare impianto urbanistico, coordinato da alcuni noti architetti romani del periodo
Tommaso Mattei e Ludovico Gregorini, estremamente innovativo per l'epoca, caratterizzato da un duplice trivio (tridente olmato e tridente edificato), suscitò l'ammirazione di molti artisti del tempo, tra i quali Carlo Maratta, che qui si stabilì e risiedette per diversi anni.
Nel 1677 l'ultimo dei Cesarini, Filippo Cesarini, aveva fatto costruire, lungo la strada corriera di Genzano Nuova, la Chiesa di San Sebastiano affiancata dal Conservatorio delle Maestre Pie; queste due opere saranno sciaguratamente distrutte nel 1916 dall'amministrazione comunale dell'epoca. L'incremento demografico nei secoli XVI e XVII determinerà l'espansione di Genzano verso la pianura sottostante (Genzano Nuova).

La rottura dell'isolamento geografico di Genzano comportò, oltre a notevoli vantaggi
economici, il coinvolgimento in eventi bellici. Genzano fu infatti coinvolta nella Guerra di successione austriaca: dal maggio al novembre 1744 Genzano fu infatti occupata dalle truppe austriache, guidate dal principe Johann Lobkowitz, il quale fronteggiava le truppe ispano-napoletane, guidate dal re di Napoli Carlo di Borbone, accampate a Velletri e sul monte Artemisio. L'attacco del Lobkowitz, nella notte fra il 10 e l'11 agosto 1744 ("Battaglia di Velletri") venne respinto dalle truppe ispano-napoletane permettendo così la sopravvivenza del giovane Regno delle Due Sicilie,.
Dal 1781 al 1808 si procede alla costruzione della chiesa neoclassica della Santissima Trinità, su disegno di Giulio e Giuseppe Camporese, figli di Pietro.
Anche Genzano ebbe una sua parte nei fatti del 1798. Con la Restaurazione, e la fine della feudalità, Genzano entrò sotto le dipendenze dirette della Santa Sede che lo elesse a capoluogo; nella sua giurisdizione erano comprese anche Nemi, Civita Lavinia (ora Lanuvio) e Ardea.
Il 23 settembre 1828 ebbe il titolo di città da parte del papa
Gregorio XVI.


Con la presa di Roma e la fine del Potere temporale, Genzano entrò a far parte dello Stato italiano.
Il Consiglio comunale propose la modifica del nome in Genzano di Roma per evitare confusione con Genzano di Lucania, approvata con Regio decreto legge 5 gennaio 1873.

Tra la fine dell'800 e l'avvento del fascismo, Genzano è stata spesso teatro di battaglie sociali, soprattutto di lotte contadine per la distribuzione delle terre. Durante il Ventennio centinaia sono stati i cittadini arrestati e condannati al carcere o al confino, o addirittura assassinati dai fascisti (Salvatore Buttaroni, Germano Previtali). Gravissimi furono inoltre i danni subiti dalla cittadina durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto in conseguenza dei bombardamenti aerei nel periodo successivo allo sbarco di Anzio.
Tra il 31 gennaio 1944 e 14 aprile 1944 sono stati uccisi 109 cittadini genzanesi; Genzano fu quasi rasa al suolo, avendo avuto più dell'80% delle case distrutte o fortemente danneggiate.Una testimonianza tratta dalla pagina del 9 febbraio 1944 del Diario ("Journal du Noviciat") che una suora francese delle Piccole Suore dell'Assunzione di Genzano, probabilmente Suor M. Marguerite-Elisabeth, tenne in quei giorni:
« Una bomba è caduta sulla piazza (la piazza antistante Santa Maria della Cima, NdR) scavando un grande e profondo cratere e provocando una frana che ha sepolto vive più di cinquanta persone ricoverate in una grotta scavata sotto la piazza medesima. I tentativi per liberare quelli che sono ancora vivi non hanno dato alcun risultato. Il minimo colpo di piccone provoca numerosi franamenti minacciando di seppellire i soccorritori. A un certo punto si è creduto di poter comunicare con gli sventurati, si è visto un braccio che si tendeva, si è sentita una voce di donna gridare: «Più piano, ci sono dei bambini qui sotto...» Ma la terra all'improvviso richiude lo spiraglio. Di più, gli uomini che hanno tentato il salvataggio, essendo stati visti dai tedeschi, che requisiscono tutti coloro sui quali possono mettere le mani, sono stati catturati sul posto e arruolati a viva forza. »
















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