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Patrono



L'Italia meridionale conosce i monaci d'Oriente con la loro liturgia al tempo del dominio bizantino.
Con l'espansione araba la Calabria si popola di comunità guidate dalla regola di San Basilio, che attirano anche discepoli del posto.
Come un calabrese di Rossano, Nicola, che diventerà monaco col nome di Nilo (910-1004).
Vive prima in comunità, poi si fa eremita, con dedizione totale a preghiera e studio.
Legge i Padri della Chiesa, compone inni, trascrive testi con grafia rapida ed elegante.
È maestro di nuovi monaci a Rossano, con un metodo selettivo. Devono essere studiosi, eccellenti anche in calligrafia e canto.
Quando si accorge di essere ormai un'autorità locale, fugge in territorio longobardo, verso il principato di Capua.
Qui, per quindici anni, Nilo educa monaci di rito orientale, mantenendo amabili rapporti con i monaci benedettini di Montecassino.
Trascorre dieci anni a Gaeta dove vede finire il primo millennio.
E da qui parte, novantenne, per fondare l'abbazia di Grottaferrata.
Si spegne nel vicino monastero greco di Sant'Agata.

Nella campagna tuscolana vicino a Roma, san Nilo il Giovane, abate, che, di origine greca, cercò una santa condotta di vita e, pervaso dal desiderio di penitenza, umiltà e peregrinazione, nonché insigne per spirito di profezia e sapienza di dottrina, fondò il celebre monastero di Grottaferrata secondo gli insegnamenti dei Padri orientali, dove nonagenario rese in chiesa lo spirito a Dio.

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Non basta gridare contro le tenebre, bisogna accendere una luce»
(San Nilo)





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