Castelli Travel


Vai ai contenuti

Storia

Aricia venne fondata in epoca imprecisata, senz'altro prima di Roma: l'erudito seicentesco Filippo Cluverio ipotizza (non si sa con quali fondamenti) la data del 2752 a.C., mentre la tradizione antica ha fatto risalire la fondazione della città al figlio del mitico fondatore di Atene Teseo, Ippolito detto Virbio o al comandante siculo Archiloco. In seguito Aricia fu un'importante città della Lega Latina, teatro nel 505 a.C. della battaglia di Aricia, nel 338 a.C., infine, disciolta definitivamente la Lega Latina, Aricia ottenne la cittadinanza romana.
Il territorio aricino fu attraversato a partire dal 312 a.C. dalla via Appia Antica, ed Aricia era la prima mansio ("stazione di sosta") lungo la via Appia provenendo da Roma. La decadenza della città è probababilmente da collocare dopo il sacco di Roma del 410 da parte dei Visigoti di Alarico, anche se la vita cittadina continuò fino alla metà del V secolo.
Con il progressivo abbandono di Aricia andò consolidandosi il nuovo abitato posto sul colle dell'antica acropoli aricina e del moderno centro storico. Alla fine del X secolo l'abitato risulta sotto il dominio dei Conti di Tuscolo, come gran parte dei Colli Albani. Dopo la caduta in disgrazia dei Conti di Tuscolo e la distruzione della loro roccaforte, Tusculum nel 1191, il feudo di Ariccia fu governato dalla famiglia Malabranca, che era probabilmente un ramo della famiglia dei Conti di Tuscolo originario di Velletri.

Ad ogni modo nel 1223 i Malabranca vendettero il feudo a papa Onorio III per 2000 provisini, ed Ariccia rimase probabilmente sotto il possesso della Camera Apostolica benché sia stata occupata brevemente mediante militari, dalla famiglia Savelli, che per legittimare il proprio possesso sul feudo millantarono una donazione del 964 fatta dall'imperatore Ottone I del Sacro Romano Impero in favore di Virginio Savelli.
Nel Trecento Ariccia fu praticamente spopolata e nel 1399 il "tenimentum Ritiae" risulta annesso alla castellanìa di Genzano di Roma, anch'essa possedimento della Camera Apostolica. Nel Quattrocento si perdono le tracce del feudo, che nel 1463 risulta sotto il "pieno dominio" dell'abbazia di Santa Maria di Grottaferrata. Il cardinale Giuliano della Rovere, eletto nel 1503 papa Giulio II, abate commendatario dell'abbazia criptense, nel 1473 siglò con Mariano Savelli la permuta del "castrum dirutum" di "Ritiae" con le case in rovina, Vallericcia e tutte le attinenze e dipendenze in cambio del Borghetto di Grottaferrata: iniziava così la dominazione feudale dei Savelli su Ariccia.

Mariano Savelli, nell'atto di permuta, si impegnò "ad costruendum [castrum Ritiae], aedificandum, reparandum" ("alla costruzione [del castello di Ariccia], edificazione, riparazione"): ed in effetti nel corso del Cinquecento la popolazione di Ariccia aumentò fino a poco meno di 800 unità, superando addirittura la popolazione della vicina Albano Laziale, sede vescovile suburbicaria. Nel 1610 Paolo e Caterina Savelli firmarono e si impegnarono a rispettare gli "Statuti" della Comunità ariccina. Il 15 maggio 1633 venne solennemente consacrato il santuario di Santa Maria di Galloro, retto dal 1631 dalla Congregazione Vallombrosana, ad oltre dieci anni dal ritrovamento della miracolosa immagine della Madonna di Galloro.

I Savelli, che si trovavano in cattive condizione economiche, furono costretti a vendere il feudo ariccino ai Chigi nella persona del cardinale Flavio Chigi, che agiva anche a nome dei fratelli Agostino e Mario e dello zio papa Alessandro VII: la vendita fu conclusa il 20 luglio 1661 per la somma di 358.000 scudi pontifici. L'antica casata dei Savelli si estinse con lo sfortunato Giulio Savelli, che oberato dai debiti fu costretto a vendere il feudo di Albano Laziale alla Camera Apostolica nel 1697. I Chigi non tardarono a beneficare Ariccia con la loro munificenza: nel 1662 Alessandro VII autorizzò la fiera di Galloro e tra il 1661 ed il 1665 fu completata la costruzione della collegiata di Santa Maria Assunta di palazzo Chigi e degli altri edifici del complesso monumentale chigiano di piazza di Corte.
I Chigi si impegnarono nella costruzione della chiesa sconsacrata di San Nicola di Bari con l'attiguo collegio dei padri dottrinari (già presenti ad Ariccia per l'istruzione superiore dei fanciulli dal 1638), nell'ampliamento del parco Chigi e del santuario di Santa Maria di Galloro, con la costruzione dell'ultima campata e della cupola rivestita di piombo.


Molti di questi lavori di abbellimento del feudo ariccino furono eseguiti da Gian Lorenzo Bernini, e la collegiata costituisce un esempio paradigmatico dell'architettura barocca: altre opere minori, come la chiesa sconsacrata di San Nicola ed il parco Chigi, furono eseguite rispettivamente dal fratello di Gian Lorenzo, Luigi Bernini, e da Carlo Fontana.

Papa Pio VI si era interessato al ripristino della via Appia, ed aveva avviato la bonifica delle Paludi Pontine fino a Terracina a questo scopo: l'opera, incominciata da papa Pio VI nel 1777, fu portata a termine entro il 1780; alla medioevale via postale corriera tra Roma e Napoli passante per Marino, Nemi e Velletri si sostituì nuovamente la più rettilinea via Appia. L'evento pose le basi per lo sviluppo commerciale di Albano Laziale, Ariccia e Genzano di Roma, a scapito di Marino che finora era stata la stazione di posta privilegiata sulla via postale. Il tracciato originario della strada, tuttavia, per arrivare da Albano a Genzano evitava Ariccia con un lungo giro attorno a Vallericcia, per evitare i forti dislivelli in entrata ed in uscita. Fu papa Gregorio XVI che, per ovviare all'inconveniente, incominciò la costruzione dei ponti di San Rocco e di Galloro e pose le basi per la costruzione del ponte di Ariccia, iniziato nel 1847 e completato nel 1854 sotto il regno di papa Pio IX.
Nel 1897 i contadini di Albano Laziale ed Ariccia organizzarono una delle prime invasioni di terre del Lazio, occupando alcuni terreni a Santa Palomba e Cancelliera:

nell'aprile dello stesso anno la lega contadina ariccina sollevò il problema delle case, che a dire delle stesse autorità locali esisteva, poiché c'era una sproporzione di rapporto tra le case abitate e gli abitatori; sicché si registrarono occupazioni delle seconde case e dei villini utilizzati dalla media borghesia per le vacanze estive, così numerosi ad Ariccia e nei dintorni.

Il fascismo ebbe difficoltà ad insediarsi ai Castelli Romani e spesso dovette valersi di personaggi "riciclati" dal partito socialista, popolare o repubblicano. In reazione alle violenze fasciste a Genzano, Ariccia e Rocca di Papa si costituirono nuclei di "Arditi del Popolo", ben presto sciolti dall'inettitudine delle stesse forze anti-fasciste.
Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) i fascisti presero baldanza, ed il 1º novembre assaltarono simultaneamente i municipi di Ariccia, Frascati, Monte Compatri e Rocca di Papa, ma riuscirono ad ottenere subito solo le dimissioni della giunta repubblicana di Ariccia guidata da Ubaldo Mancini. Benché i fascisti avessero dato pessima prova di sè con l'occupazione violenta del municipio, della palestra comunale e addirittura del cinema parrocchiale, i repubblicani ariccini pensarono di allearsi con loro; in seguito tuttavia, i repubblicani ariccini si pentirono della scelta e Vezio Mancini, figlio dell'ex-sindaco Ubaldo, fu iscritto al casellario politico centrale come "antifascista irriducibile". Il "gagliardetto" di Ariccia venne inaugurato solo il 21 gennaio 1923.
Durante la seconda guerra mondiale, il centro storico fu bombardato per la prima volta il 1º febbraio 1944; durante la guerra i tedeschi fecero saltare il ponte di Ariccia e fu distrutto l'adiacente torrione dell'aggiunta settecentesca di palazzo Chigi.
Conseguentemente alla distruzione del ponte venne realizzato un ponte provvisorio parallelo che attraversò, scempiandolo, il parco Chigi per quasi tutta la sua lunghezza. Il ponte fu ricostruito dopo la seconda guerra mondiale, ma è crollato nuovamente nel 1967. Ricostruito nel 2009, l'amministrazione comunale ha lanciato l'allarme per la stabilità del viadotto, gravato dal traffico pesante in transito sulla via Appia Nuova ed ha promosso la pedonalizzazione del ponte e di piazza di Corte creando una tangenziale alternativa, proposta che ha scatenato vivaci polemiche tra i residenti nell'area proposta per il passaggio della tangenziale.







Torna ai contenuti | Torna al menu