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Il Lupo Mannaro

Il Lupo Mannaro
Tratto dal libro "Storie di streghe, fantasmi e lupi mannari nei Castelli Romani" di Roberto Libera

....."Sapevamo tutti, per tradizione e credenza generale che il licantropo usciva con la luna piena.
Cercava accannato una fontana e, spesso, si gettava nella grande vasca di piazza Pia.
Sprigionava una forza erculea, mandando ululati da lupo delle montagne nevose.
Probabilmente fui avvistato da chi urlava, uomo o bestia non sapevo.
Vidi un'ombra stagliata dalla luce lattea di Proserpina dondolare in mezzo agli alberi spogli.
Mi pareva nudo e peloso.
Una persona curva o un grosso cane mezzo drizzato.
Non ebbi coraggio di muovermi.
Gelato dal freddo e dalla paura, assistetti a uno spettacolo allucinante: quell' indistinguibile uomo-animale afferrò dei sassi e li scagliò contro di me, senza colpirmi.
Pensai, in un batter di ciglia, che se fossi fuggito a gambe levate, quello mi avrebbe rincorso.
I cani non stringono le cose con le mani, non lanciano pietre.
Quindi, doveva essere un uomo…
Le scimmie così grosse, qui da noi non esistono.
Un licantropo, dunque ? Una persona, certamente".

Racconto di Aldo Onorati, ricordi di superstizioni popolari castellane


La psicologia riconosce la licantropia come: "credenza di origine mitologica nella metamorfosi dell'uomo in animale e, in particolare, in lupo. A livello patologico si manifesta come affezione che spinge l'individuo colpito, di solito in coincidenza con le fasi della luna piena, a simulare il comportamento e l'ululato del lupo".

Già nell'antichità la trasformazione dell'uomo in lupo fu narrata e descritta dagli scrittori classici.
Ovidio, nelle Metamorfosi, racconta l'orribile sorte di Licaone, re dell'Arcadia, regione della Grecia nel Peloponneso, che per aver tentato di ingannare Giove fu, per punizione, trasformato, nell'aspetto e nel comportamento, in un feroce lupo.
Ma il vero anticipatore dei moderni racconti horror è senz'altro Petronio.
Nella sua opera Satyricon viene raccontata la storia di un legionario che, in una notte di luna piena, si trasforma in un lupo mannaro.
Il protagonista del racconto è Nicerote che, durante una cena da Trimalcione, narra di un suo viaggio, anni addietro, con un nerboruto legionario.

...."Giunti nei pressi di un cimitero, il milite si allontana e Nicerote sbalordito lo vede prima spogliarsi e poi tramutarsi in lupo.
Giunto terrorizzato a casa di una sua amica gli viene raccontato che poco prima un lupo aveva aggredito le pecore ma alla fine un servo era riuscito ad allontanarlo ferendolo sul collo con una lancia.
L'indomani lo sventurato viandante riparte per la casa e, tornato alla dimora del suo padrone vede in una stanza il legionario sdraiato in un letto con un medico che gli curava una ferita al collo, a conferma che il suo compagno di viaggio era effettivamente un lupo mannaro".

L'antica Roma aveva un particolare rapporto con il lupo.
Romolo, fondatore dell'Urbe, e il suo gemello Remo furono allattati da una lupa; non solo, la loro origine era, secondo la tradizione, semidivina essendo figli del dio Marte al quale era spesso associato, come animale totemico, il lupo.
Per molto tempo, fino a cristianesimo inoltrato, a Roma esisteva una originale e misteriosa confraternita, quella dei
Luperci.
Gli appartenenti a questa congregazione si riunivano la mattina del 15 febbraio alle pendici dal Palatino, sulla via del Circo Massimo, vicino a un bosco sacro al dio Fauno.
Lo scopo era quello di celebrare i
Lupercalia, una sorta di rito giovanile di purificazione e di fecondità.
Alcuni studiosi ritengono che il termine
lupercus, nome con il quale si designava un appartenente alla confraternita dei Luperci, sia composto da lupus e hircus "lupo-caprone".
I membri della fratellanza correvano per le strade di Roma con pelli di capra sulle anche, guidati dal dio Fauno detto per l'appunto
Lupercus.
I Luperci cominciavano la corsa dal luogo dove dicono che Romolo fosse stato esposto.
Il rito d'iniziazione prevedeva l'uccisione di alcune capre, quindi, due giovani di nobile stirpe venivano condotti sul luogo del sacrificio.
Alcuni Luperci toccavano i neofiti sulla fronte con un coltello bagnato di sangue, altri li asciugavano subito usando lana imbevuta di latte.
Una volta asciugati, i giovani dovevano ridere.
Finito il rito, tagliavano a strisce le pelli delle capre e correvano attraverso la città nudi, coperti solo da un perizoma, colpendo con le strisce di pelle chiunque incontravano.
Le donne erano particolarmente contente di essere colpite dalle strisce di pelle, credendo che questo favorisse la gravidanza.
Altrettanto misteriosa e arcaica era la comunità degli
Hirpi Sorani.
Costoro vivevano sul monte Soratte, a nord di Roma (l'etimologia della parola Hirpi dovrebbe derivare dal termine hirpus che nell'antica lingua sannita significava lupo).
Plinio il Vecchio, nel VII libro della Naturalis Historia, racconta che gli
Hirpy Sorani erano i membri di un piccolo numero di famiglie, i quali, ogni anno, celebravano un rito in onore di Apollo: con i piedi scalzi camminavano sui carboni ardenti senza riportare alcuna ustione.
Per questa ragione, con un decreto, il Senato romano li aveva esentati a titolo definitivo dal servizio militare e da tutti gli altri obblighi civili.

Nell'Italia centro-meridionale era opinione comune che per guarire da chi era affetto da dalla licantropia fosse sufficiente pungerlo nella fase acuta di manifestazione del male, con un ago o con la punta di un altro oggetto di ferro, al fine di far uscire alcune gocce di sangue.
Affermavano i vecchi paesani di Albano Laziale:

...."Abbasta che tenghi 'a prontezza de cacciacce 'na goccia de sangue, e quillo guarisce"
.

Si credeva che per far riacquistare la forma umana a un licantropo sarebbe bastato colpirlo con una chiave priva di buchi.
Buona efficacia ha anche l'aconito, erba perenne delle
Ranunculaceae, dotata di forti proprietà curative me estremamente velenosa.
E' chiamata comunemente
Strozzalupo, dal fatto che alcuni popoli antichi la usavano per avvelenare i lupi e le volpi.
Se invece si voleva essere sicuri di incontrarlo, bastava uscire la notte di Natale; essendo la notte santa per eccellenza, i lupi mannari non uscivano e i fantasmi non si manifestavano.



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